Come noto, i principi contabili nazionali si basano sul postulato cardine della continuità aziendale e cioè sul fatto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale di almeno 12 mesi dalla data di bilancio.
Anche il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, introdotto dal D.Lgs. 14/2019, individua, nella continuità aziendale, il primo dei criteri da tenere monitorati, al fine di evidenziare sul nascere un’eventuale stato di crisi e di adottare tempestivamente le relative contromisure.
Le stesse indicazioni provengono dal nuovo articolo 2086 c.c., così come modificato dal predetto decreto legislativo, che stabilisce che l’imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.
A determinare il passaggio da uno “stato di benessere” ad uno “stato di difficoltà” sono gli indicatori di natura qualitativa e quantitativa, in un orizzonte temporale di breve, medio e lungo periodo.
Quindi il concetto di continuità aziendale, essendo anche sinonimo di organizzazione e di una corretta traduzione contabile dei fatti di gestione, finisce per fondere l’aspetto qualitativo con quello quantitativo.
L’accertamento da parte del management della perdita di continuità aziendale, non presuppone in automatico il ricorso a uno degli strumenti previsti dal codice della crisi, piuttosto si invita l’imprenditore all’assunzione di un atteggiamento proattivo orientato alla gestione di tali situazioni attraverso azioni di contrasto anche ordinarie e stragiudiziali che si traducono in piani e strategie che abbiano però un fondamento economico – giuridico.
È altrettanto vero che la rilevazione di una perdita di continuità, scaturisce dal mancato superamento degli indici (quantitativi) previsti dall’art.13 del già menzionato codice della crisi e dell’insolvenza, intesi quale parametro affinché si possa configurare uno stato di crisi.
La continuità (going concern) è stata analizzata anche dal principio di revisione (ISA) n.570 in cui si ribadisce l’importanza di valutare il presupposto della continuità aziendale attraverso l’analisi di informazioni scaturenti da diverse fonti qualitative e quantitative, ovvero:
- indicatori finanziari, quali situazioni di deficit patrimoniale o capitale circolante netto negativo, cash flow negativo, incapacità di saldare i debiti alla scadenza, ecc.;
- indicatori gestionali, ovvero perdita di mercati fondamentali, difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento, ecc.;
- altri indicatori, quali l’esistenza di contenziosi legali e fiscali a cui seguirebbero obblighi di risarcimento.
Per concludere, la prevenzione della crisi passa per una valutazione quali-quantitativa idonea a rilevare la natura intrinseca degli stati di difficoltà ed una corretta individuazione delle azioni correttive applicabili, siano essi piani di risanamento autonomi e discrezionali, ovvero strumenti di regolazione della crisi.
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